La parola
La visione non è sufficiente. Essa deve diventare realtà, perciò i profeti portano la parola del Signore che ci permette di entrare nella visione e di adempierla giorno per giorno. La parola profetica è sia creativa che correttiva. Essa indica il cammino da seguire in termini pratici e denuncia l'apatia, l'ipocrisia, la disubbidienza ed i compromessi che ostacolano l'adempimento della volontà di Dio. Attraverso un profeta è possibile ricevere la parola di Dio specifica (gr. rhema) per una situazione specifica che si sta vivendo; qual'è il punto di vista di Dio e che cosa bisogna cambiare.
In Esdra 4 e 5 vediamo quant'è essenziale la parola del Signore nella ricostruzione della casa di Dio. Una parte degli esuli giudei era ritornata a Gerusalemme, sotto la guida di Zorobabele, con il permesso del re di Persia di ricostruire il tempio. Quando essi ne gettarono le fondamenta, cominciarono le difficoltà: la gente del paese voleva fermare il lavoro dei giudei e cercò di scoraggiarli e molestarli (cfr. Ed 4,4), mandando anche delle persone per influenzare i consiglieri del re, perché facesse cessare i lavori. I nemici di Israele riuscirono nel loro intento, grazie alle false accuse lanciate contro i giudei condizionarono negativamente il re (cfr. Ed 4,24). Che cosa fece loro riprendere il lavoro? Furono le parole del Signore attraverso i suoi profeti: Aggeo e Zaccaria, i quali portarono incoraggiamento ed ispirazione ai giudei, i quali a dispetto dei loro nemici, ripresero l'opera di restaurazione. “I profeti Aggeo e Zaccaria, figlio di Iddo, profetizzarono nel nome del Dio d'Israele ai Giudei che erano in Giuda e a Gerusalemme. Allora Zorobabele, figlio di Sealtiel, e Iesua, figlio di Iosadac, andarono a riprendere la costruzione della casa di Dio a Gerusalemme; e con loro erano i profeti di Dio, che li assistevano” (Ed 5,1-2). Possiamo notare in questo brano che i profeti non sono importanti solamente per iniziare un'opera, ma anche per ogni stadio del processo di costruzione.
Nel libro di Aggeo, scritto sempre durante il periodo della restaurazione del tempio, leggiamo che non furono solo i nemici di Israele a fermare il lavoro, ma gli stessi giudei: “Così dice l'Eterno degli eserciti: Questo popolo dice: Non è ancora giunto il tempo in cui la casa dell'Eterno deve essere ricostruita” (Ag 1,2). Il popolo spiritualizzava le proprie scuse dicendo: “Non è ancora il tempo di Dio”; il problema però non era il tempo, ma il loro desiderio carnale di “farsi i fatti loro”. Essi erano più interessati a starsene tranquilli nelle loro case che alla ricostruzione della casa del Signore, perciò Dio li rimproverò per mezzo di Aggeo: “E' forse questo il tempo per voi di abitare nelle vostre case ricoperte di legno, mentre questa casa [il tempio] giace in rovina?” (Ag 1,4). Non accade forse lo stesso anche oggi? Il pericolo di essere consacrati ai propri interessi è sempre in agguato. Non possiamo parlare di vera consacrazione a Dio ed alla sua opera se non abbiamo messo sull'altare dei sacrifici la nostra vita ed i nostri interessi.
Un profeta espone le scuse, la mancanza di consacrazione, le false giustificazioni del popolo di Dio. Lo richiama all'ubbidienza ed alla giusta priorità. In Ed 6,14 leggiamo ciò che produsse l'ubbidienza alla parola di Dio proclamata dai due profeti: “gli anziani dei Giudei poterono continuare i lavori e far avanzare la costruzione, sostenuti dalle parole ispirate dal profeta Aggeo, e di Zaccaria figlio di Iddo. Così finirono i loro lavori di costruzione secondo il comandamento del Dio d'Israele, e secondo gli ordini di Ciro, di Dario e di Artaserse, re di Persia”.