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Il Profeta Agabo, esempio del Ministero Profetico del Nuovo Testamento

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2011 18:38
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10/06/2011 18:38

Proclamiamo le verità bibliche confutando le eresie
Il ministro profetico è importante, ed essenziale alla crescita completa dei credenti.

Per una sua descrizione rimando a questi siti:
http://www.lucedellenazioni.org/italian.php
http://www.riconciliazione.org/oldsite/apostol1.htm

Mi voglio occupare ora di una analisi fatta riguardo alla figura di Agabo, che è prova evidente della biblicità di questo ministero.
Ecco la pagina del sito eretico dove sono insegnate numerose eresie a suo riguardo:
http://www.puntoacroce.altervista.org/DizBB/Agabo_Sh.htm 

Dio ci chiama a predicare la Parola di verità ed a confutare i falsi dottori.
Di seguito c'è il testo integrale della pagina del sito, con la sua confutazione biblica.

Agabo è una figura singolare e difficile da inquadrare.

La difficoltà nell'inquadrare Agabo nasce dal fatto che le verità bibliche espresse da questa figura sono in  totale contrasto con la teologia di Martella. Per lui la profezia non consiste anche nel ricevere rivelazioni dirette da Dio, ma esclusivamente nel semplice “parlare a suo nome”. Peccato che la samaritana non lo sapesse! “Hai detto bene: "Non ho marito"; perché hai avuto cinque mariti; e quello che hai ora, non è tuo marito; in questo hai detto la verità". La donna gli disse: "Signore, vedo che tu sei un profeta” (Gv 4,17-19).


Era un profeta del cristianesimo o del giudaismo? È difficile dirlo.
 


Analizziamo con cura cosa dice la Scrittura a riguardo:

 

In quei giorni, alcuni profeti scesero da Gerusalemme ad Antiochia. E uno di loro, di nome Agabo, alzatosi, predisse mediante lo Spirito che ci sarebbe stata una grande carestia su tutta la terra; la si ebbe infatti durante l'impero di Claudio. I discepoli decisero allora di inviare una sovvenzione, ciascuno secondo le proprie possibilità, ai fratelli che abitavano in Giudea. E così fecero, inviandola agli anziani, per mezzo di Barnaba e di Saulo” (At 11,27-30)

 

Prima di tutto osserviamo che Agabo non era un caso unico e singolo, ma il membro  di una categoria ben nota al lettore che Luca chiama “profeti”. Subito dopo dice che uno di questi profeti, alzatosi  durante il culto (cfr. 1Cor 14,30-31!) predice su influenza dello Spirito Santo una grande carestia. Come è possibile anche soltanto  ipotizzare che Agabo fosse un profeta del giudaismo? Per quale motivo le chiese di Dio avrebbero dovuto ubbidire ad un suo messaggio ed inviare una sovvenzione ai credenti in Cristo della Giudea? L'intero brano è comprensibile logicamente solo presupponendo l'esistenza nella Chiesa (e non nel giudaismo!!!) di una particolare categoria di credenti dotati del dono di ricevere rivelazioni da Dio riguardo al futuro. “Sono forse tutti profeti?” (1Cor 12,29)

 

Eravamo là da molti giorni, quando scese dalla Giudea un profeta, di nome Agabo. Egli venne da noi e, presa la cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani e disse: "Questo dice lo Spirito Santo: "A Gerusalemme i Giudei legheranno così l'uomo a cui questa cintura appartiene, e lo consegneranno nelle mani dei pagani"". Quando udimmo queste cose, tanto noi che quelli del luogo lo pregavamo di non salire a Gerusalemme. Paolo allora rispose: "Che fate voi, piangendo e spezzandomi ilcuore? Sappiate che io sono pronto non solo a essere legato, ma anche a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù” (At 21,10-13)

 

Ecco un altro brano nel quale si osserva che i presenti anziché condannare a priori ogni predizione dei profeti (come fanno oggi i pochi cristiani ancora ostili al dono di profezia!) lo reputano valido, credibile, danno per scontato che le parole di Agabo si avvereranno tanto che cercano di dissuadere Paolo dal proseguire la sua missione. E' implicito che tutti i presenti riconoscevano Gesù come Signore e Salvatore. Se Agabo era un seguace del giudaismo, perché parla dei seguaci di questa religione come di un gruppo estraneo a sé?


 
A quel tempo il cristianesimo era a maggioranza giudaica e tra il giudaismo cristiano e quello storico era tutto fluido.  


La “fluidità” riguardava alcune usanze come l'osservanza del sabato che alcuni cristiani giudei continuavano ad osservare per tradizione culturale. Invece dal punto di vista spirituale secondo la Bibbia è possibile essere solo con Gesù o contro Gesù (cfr. Mt 12,30); in realtà la Sinagoga scomunicava tutti coloro che accettavano la salvezza (Gv 9,22; 16,2) e dovunque arrivavano i predicatori del vangelo, praticava ed istigava la persecuzione contro di loro (At 13,45; 14,2; 17,5.13; 18,12; 21,27). Dio rimase “in silenzio” e senza profeti per 400 anni, e non si comprende il motivo per cui avrebbe dovuto mandare un profeta del giudaismo nelle chiese di Dio e queste riconoscerlo come un fratello! Come si può essere fratelli se non si riconosce Gesù come Signore? Il ministero di profeta è uno dei cinque dati da Cristo innalzato alla destra del Padre: “E' lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti” (Ef 4,11)


Agabo viene menzionato in due circostanze specifiche del libro degli Atti (11; 21). La prima volta che Agabo comparve, fu ad Antiochia, quando scese insieme ad altri profeti da Gerusalemme (At 11). Qui su quanto egli «predisse per lo Spirito», ossia una «gran carestia per tutta la terra», Luca confermò che «essa ci fu sotto Claudio» (At 11,27s). 


La Scrittura conferma che una profezia fatta nel nome del vero Dio che si avvera, viene sempre da Dio, in tutti i casi (cfr. Dt 18,22).


 
In quel tempo di estrema fluidità religiosa all’interno del giudaismo globale (cristiano e non), predire non era riservato solo ai cristiani e neppure farlo mediante lo Spirito (o appellarsi a Lui per predire); Giovanni, ad esempio, attribuì al sommo sacerdote una facoltà profetica e addirittura proditoria, legata al suo ufficio particolare e non limitata solo a Caiafa (Gv 11,49-52).  


Si tratta di una confusione tra situazioni differenti. Agabo aveva un ministero profetico riconosciuto dalla Chiesa di Dio, come sopra spiegato che consisteva in rivelazioni dirette dallo Spirito Santo, di cui era consapevole. Il sommo sacerdote invece non si rendeva conto del vero significato di ciò che stava dicendo; egli pensava che Gesù sarebbe morto per la nazione nel senso che la sua morte avrebbe impedito una rivolta e la conseguente repressione romana, non certo che il suo sacrificio avrebbe reso possibile la salvezza per tutti gli uomini. Caiafa non era consapevole del fatto che stava profetizzando! Non si trattava quindi del ministero profetico, con predizioni continue, presente nelle chiese di Dio anche oggi, ma in un significato più profondo in alcune parole pronunciate da un peccatore, in una circostanza occasionale. Inoltre Giovanni pone evidenza sul fatto che fosse proprio il sommo sacerdote (cfr. Es 28,30), a “sacrificare” inconsapevolmente l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Dio occasionalmente può usare anche dei maghi per parlare, come nel caso di Balaam, ma rimane una circostanza occasionale, non si tratta certo dei cinque ministeri di Ef 4,11, indispensabili a portare i credenti alla statura perfetta di Cristo!


 
Si noti comunque come Luca tiene tutto indistinto — «alcuni profeti… e uno di loro, chiamato per nome Agabo» — come se non fosse poi così conosciuto ai lettori.  


Cosa porta Martella a torcere la Scrittura?  Il brano vero è il seguente: “e uno di loro, di nome Agabo” (Nuova Riveduta, Nuova Diodati) non “e uno di loro chiamato per nome Agabo”. Martella ha tolto “di” per sostituirlo con “chiamato per”. Dalla sua parte nella traduzione ha solo la Luzzi, mentre la Diodati mett chiamato in corsivo, segno che non esiste nel testo originale, ma è solo supposto dal traduttore. In ogni caso dal contesto è evdente che Luca non voleva certo fare credere ai lettori che Agabo non era un cristiano, ma solo indicare il nome di questo  profeta, all’interno del gruppo dei profeti sopra menzionato.


Solo un’altra volta c’è negli Atti l’espressione «(un certo…) chiamato per nome» e si riferisce al rabbino Gamaliele, che mai divenne cristiano e che era perciò sconosciuto alla maggioranza dei cristiani, sebbene in Gerusalemme fosse «onorato da tutto il popolo» (At 5,34). Agabo era quindi un profeta del giudaismo cristiano o del giudaismo storico? La bilancia sembra pendere per la seconda possibilità. 
 


Ciò che sfugge a Martella, è che Luca colloca Agabo tra i profeti della Chiesa, mentre colloca Gamaliele tra i farisei fuori dalla Chiesa. Ciò che prova At 5,34 è solo che il fariseo Gamaliele era parte del giudaismo storico, non certo che ne fosse parte Agabo.


Tutto ciò si rafforza in At 21, in cui molte delle cose che Agabo predisse non si avverarono nel modo che egli le annunziò. Infatti, di lui è scritto che a Cesarea (sulla costa della Palestina) «scese dalla Giudea un certo profeta, di nome Agabo, il quale, venuto da noi…» (At 21,10s). Luca usando «un certo» (come per Gamaliele in At 5,34)
 e «da noi», rimarcò certamente una qualche distanza!  


Anche oggi tra credenti, non ci si conosce tutti. Se un fratello mi parla di "un certo Mario della chiesa di Napoli", il fatto che usi il termine "un certo" non mi fa affatto pensare che egli sia un memro del giudaismo con falsi doni di profezia! Si tratta solo di un normale modo di intercalare per designare una persona non conosciuta al lettore.

Luca usa il termine “noi” in diversi casi per indicare il gruppo missionario in cui operava, non certo per indicare le persone al di fuori del “noi” come dei falsi credenti o dei seguaci del giudaismo! (cfr. At 20,13-14; 21,12.16.18).


Si noti pure che la sua predizione spettacolare con richiamo allo Spirito Santo e con legamento di mani e piedi non si avverò nei termini da lui predetti! È vero che Paolo fu catturato dai Giudei in Gerusalemme, tuttavia non lo legarono mani e piedi, ma «gli misero le mani addosso» (v. 27) e lo buttarono fuori del tempio (v. 30). Quindi non solo non lo legarono mani e piedi, ma neppure lo misero «nelle mani dei Gentili»; successe al contrario che come i Giudei cercavano d’ucciderlo (v. 31) e comparvero il tribuno con soldati e centurioni, i primi «cessarono di percuotere Paolo» (v. 32). Fu solo allora che i soldati (non i Giudei) su ordine del tribuno legarono Paolo con «due catene» (v. 33), quindi neppure con corde, come aveva detto invece Agabo.
 


E' vero che gli avvenimenti non si adempirono esattamente come profetizzato da Agabo, tuttavia il senso generale della profezia si adempì perfettamente: Paolo fu preso prigioniero dai giudei e legato. Inoltre anche se i giudei non consegnarono fisicamente Paolo ai romani, è vero che la sua prigionia sotto il potere romano avvenne su influenza diretta della Sinagoga. Questo è molto importante per noi, perché dato che tutta la Scrittura è utile per insegnare e formare i servi di Dio (cfr. 2Tim 3,16) ci insegna che anche i veri profeti di Dio, occasionalmente possono fare errori o imprecisioni, dato che per ora “profetizziamo in parte” (1Cor 13,9) e che per questo motivo le profezie non vanno accettate tutte in modo acritico, ma messe sotto il vaglio della chiesa (cfr. 1Cor 14,29).

 

Nel caso di Agabo infatti la chiesa riconobbe entrambe le sue profezie (sia in At 11 che  in At 21) come vere ed ispirate da Dio, visto che mandarono del sostegno in Giudea prima, e successivamente cercarono di dissuadere Paolo dalle sofferenze che lo attendevano. Un caso simile di superficialità nel non comprendere le sofferenze future, conosciute per profezia, che spettano ai servi di Dio per adempiere la loro missione, si trova in Mt 16,21-23.


Che cos’era Agabo? Dio lo sa.  


Agabo in primo luogo, non era di sicuro una “cosa”, ma era un essere umano, un cristiano, un profeta di Dio, dato che la chiesa aveva in grande considerazione i suoi messaggi profetici. Martella non riesce in fondo a collocarlo in nessun modo, dato che ha degli schemi dottrinali limitati.


 
A quel tempo era tutto estremamente in flusso nel giudaismo (cfr. lettera agli Ebrei) e i confini erano tenui.  


La lettera agli Ebrei parla di dure persecuzioni subiti dai giudei che avevano accolto l'evangelo, di una spaccatura radicale col mondo del giudaismo, che  aveva fatto loro patire durissime conseguenze, non di “fluidità”: “Ricordatevi di quei primi giorni, in cui, dopo essere stati illuminati (convertiti), voi avete dovuto sostenere una lotta lunga e dolorosa: talvolta esposti agli oltraggi e alle vessazioni; altre volte facendovi solidali con quelli che erano trattati in questo modo. Infatti, voi simpatizzaste con i carcerati e accettaste con gioia la ruberia dei vostri beni, sapendo di possedere una ricchezza migliore e duratura” (Eb 10,32-34).


Anche altri Giudei che non appartenevano ai seguaci di Cristo, facevano opere simili nel nome di Gesù (Mc 9,38; Lc 9,49) e Gesù disse ai discepoli che non era il loro compito di vietarlo (Mc 8,39; Lc 9,50). 


Gesù riconobbe coloro che facevano opere potenti nel suo nome (Mr 9,38; Lc 9,49) come suoi veri  servitori, anche se non seguivano i dodici apostoli. Disse che chi faceva opere potenti nel suo nome non poteva subito dopo parlare male di lui (Mr 9,39) e che chi non era contro il loro gruppo, era per loro (Mr 9,40; Lc 9,50). "Nessuno può dire: Gesù è il Signore! se non per lo Spirito Santo" (1Cor 12,3). I doni spirituali più potenti non erano concessi da Dio in esclusiva neppure al gruppo dei dodici, ma a chiunque crede in Gesù correttamente (Mr 16,17). Tanto più noi oggi dobbiamo guardarci dal pensare che Dio operi con potenza di prodigi solo nella nostra denominazione o fra i credenti con la nostra stessa teologia. Martella invece condanna tutti coloro che non hanno la sua visione teologica e cerca di rovinare il loro ministero, disubbidendo deliberatamente a quanto detto dal Signore Gesù proprio in queste circostanze.


Questo non significa che ciò non fosse senza conseguenze (At 19,13-16). 


Il brano di At 19 non riguarda i discepoli fedeli di Gesù al di fuori del collegio apostolico, ma degli esorcisti giudei itineranti. Il primo gruppo aveva dei veri doni spirituali, mentre i sette figli di Sceva non avevano alcun reale potere spirituale. I primi avevano un grande successo tanto da sbalordire gli apostoli stessi, mentre due del secondo gruppo furono pestati a sangue da un indemoniato. Possono essere assimilati ai “maghi bianchi” delle inserzioni sui giornali, privi della capacità di aiutare chiunque. Ben altra cosa sono i veri poteri spirituali dovuti ai demoni, come nel caso di Iannè e Iambrè, i maghi del Faraone (cfr. Es 7-9).

 

Assimilare dei veri discepoli di Cristo come quelli di Mr 9 e Lc 9 a degli imbroglioni come quelli di At 19 è un errore esegetico molto grave, e non c'è da stupirsi se Martella sbaglia allo stesso modo  nel giudicare l'attualità. Basti pensare che egli considera dei grandi uomini di Dio contemporanei con segni potenti come Reinhard Bonnke e Carlos Annacondia, dei falsi profeti mandati da Satana.


 
Ci si guardi dal trattare quella di Agabo come un eloquente esempio di predizione biblica! Bisogna fare altresì attenzione a non addurlo come un chiaro esempio di predizione all’interno della chiesa! 


E' da osservare che in questa ingiunzione finale, Martella non cita alcun versetto. In base a quale insegnamento della Parola di Dio, Agabo non dovrebbe essere un esempio di profezia nella Chiesa?

La Scrittura insegna tutt'altro:

 

Non spegnete lo Spirito. Non disprezzate le profezie;  ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene” (1Ts 5,19-21)

 

Infatti, a uno è data, mediante lo Spirito, parola di sapienza; a un altro parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito;  a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, carismi di guarigione, per mezzo del medesimo Spirito; a un altro, potenza di operare miracoli; a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue e a un altro, l'interpretazione delle lingue” (1Cor 12,8-10)

 

Chi profetizza, invece, parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione [...] chi profetizza edifica la chiesa” (1Cor 14,3-4)

 

La critica distruttiva di Martella, fatta di versetti manipolati, invece demolisce la Chiesa, mentre la profezia la edifica.

Un fratello che ci dà una parola profetica da parte del Signore, o un suo profeta che ci dà una profezia precisa ed accurata, sono dei grandi mezzi con cui Dio ci benedice, aiuta a crescere nelle sue vie e consacrarci a Lui.


Io stesso ho dato a dei fratelli ed anche ricevuto da dei fratelli delle profezie che si sono avverate.

La Bibbia condanna la profezia nel Nome di Dio che non si avvera (Dt 18,22) e la profezia nel nome di falsi dei che si avvera (Dt 13,1-5) ma riconosce come veritiera ed ispirata la profezia nel Nome di Dio che si avvera!

Martella fa proprio come i nani nelle Cronache di Narnia, che per timore di essere ingannati da un falso Aslan (anticristo) diventano nemici del vero Aslan (Gesù) e lo combattono con disprezzo, purtroppo solo a loro rovina.




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